Nel ringraziare per l’attenzione mostrata con questa audizione alle rappresentanze dei lavoratori civili della Difesa,
la UILPA ritiene di dover rappresentare le stesse perplessità e preoccupazioni che, rispetto all’avviato procedimento di ristrutturazione del Dicastero e delle stesse FF.AA.., hanno già rappresentato all’amministrazione, da ultimo nell’incontro del 4 maggio.
Sono problematiche di natura tecnica, giuridica, economica, di fattibilità e di opportunità, in merito alle quali va subito posta in luce quella che, a parere di questa organizzazione, è una evidente, pericolosa e preoccupante “Spada di Damocle” che, a fattor comune, unisce ogni tematica ed ogni posizione individualistica, che appanna ogni possibile soluzione prospettata o richiesta, che interferisce più di ogni altro elemento sullo stesso buon esito del progetto riformatore. Questa temuta “Spada di Damocle” è rappresentata dall’assoluta mancanza di adeguate forme di garanzia, di tutela e di sostegno, giuridico ed economico, verso la componente civile.
Già da una prima lettura del testo in parola si è capito, senza ombra di dubbio e con la massima onestà intellettuale, che le norme presentate non contenevano alcuna concreta garanzia atta ad accompagnare l’attuale organico del personale civile nelle varie e difficoltose fasi attuative della riforma.
Preoccupa rilevare come, alle criticità rilevate, il Ministero non abbia voluto o saputo fornire alcuna esauriente risposta, ma solo vaghe interlocuzioni ed evasive motivazioni.
Di contro, si è chiaramente manifestata l’intenzionalità della componente politica di proseguire nel progetto “senza se e senza ma” e, spiace dirlo, “senza perché”.
Nel merito:
1) Rispetto al personale non militare, il testo ci appare completamente carente di quelle garanzie che invece offre ai “lavoratori con le stellette”. La cornice operativa del disegno di legge è molto vaga su questi temi e non è in grado di fornire alcun tipo di rassicurazione ai lavoratori, contrariamente a quanto dispone per la componente militare, alla quale riconosce, giustamente ed opportunamente, varie garanzie di natura economica, professionale e pre-pensionistica, accompagnandola in condizioni di maggior sicurezza ed opportunità verso le varie fasi progettuali. Al riguardo vogliamo sottolineare che verso il personale militare non vi è alcun sentimento di astio, invidia o confronto, in quanto consideriamo il militare un semplice lavoratore che si sente addossare il peso, al pari del civile, degli oneri, dei disagi e delle preoccupazione per una riforma che non lo vede protagonista ma “spettatore pagante”. Al contrario, ci sentiamo vicini a loro perché vivono la nostra stessa realtà lavorativa, e come ripetiamo, giustamente ed opportunamente, chiediamo le stesse tutele, le stesse possibilità occupazionali o ri-occupazionali, le medesime opportunità di scelta fra una soluzione imposta dall’alto (mobilità) o di esodare verso una pensione anticipata per chi ne ha i giusti requisiti (leggasi ARQ). Nella sostanza si chiedono impegni che non comportino privilegi ingiustificati od oneri insostenibili, ma opportunità di continuare a lavorare in un contesto di garanzie e di diritto, di scegliere del proprio futuro, di rispetto per chi, militare o civile, ha trascorso oltre trent’anni della propria esistenza al servizio dell’Istituzione. Riteniamo che, a tal fine, un testo equilibrato dovrebbe contenere:
garanzie ri-occupazionali per il personale che verrà coinvolto nelle procedure di mobilità, sia alla luce della considerevole età anagrafica e lavorativa riportata dalla maggioranza dei lavoratori civili – quindi poco appetibili da eventuali altre Amministrazioni pubbliche – sia alla luce delle ripetute riduzioni di organici dell’intera P.A.;
garanzie in ordine ad una “vera” e celere quantificazione numerica del personale civile in esubero, stante la presenza, già da ora, di circa 1500 ex militari già transitati; stante le ex terze qualifiche ancora in sovrannumero rispetto alla attuali tabelle organiche; stante il previsto esodo di personale militare nei ruoli civili, che, ovviamente, si preannuncia corposo per le stesse ragioni evidenziate per il personale civile e citate nel precedente punto;
garanzie di continuità d’impiego del personale civile, intesa in termini di mantenimento delle funzioni e delle professionalità, atteso che il restante personale civile dovrà operare nell’ambito di un nuovo ruolo “promiscuo”, cioè composto da civili ed ex militari, che lascia intravedere, per ovvie ragioni di status di provenienza, di retribuzioni e di cultura professionale, una non facile convivenza ed una difficile distribuzione/attribuzione di incarichi e funzioni. Senza voler fare un processo alle intenzioni, ma semplicemente usando logica e buon senso, è facile presupporre che un dirigente militare potrà ritenere più opportuno attribuire un incarico od una funzione preminente ad un ex militare di adeguato grado piuttosto che ad un civile di analogo livello. Ipotesi plausibile anche alla luce di quanto già sta accadendo nell’A.D., ove funzionari con le stellette occupano posti ed incarichi destinati al personale civile;
garanzie in ordine alla formazione e riqualificazione del personale – sia civile che ex militare transitato – tali da assicurare allo stesso adeguati livelli di preparazione professionale. Allo stato, le previsioni in tema di formazione sono formulate senza l’indicazione delle necessarie risorse economiche e, pertanto, senza concrete possibilità attuative;
garanzie, di specifiche ed inequivocabili norme ed istituti che riconoscano adeguate forme di “prepensionamento” per favorire posizioni lavorative divenute disagiate, diseconomiche od incompatibili con le condizioni del lavoratore; che prevedano concretamente e dettagliatamente i criteri per l’avvio del telelavoro e del part-time. Occorre ricordare in merito che detti istituti già oggi esistono sulla carta, ma con scarsa applicazione reale, e che nel disegno di legge sono citati in maniera decisamente astratta che poco convince sulla loro successiva attuazione.
2) Rispetto allo scenario istituzionale delineato, la UILPA esprime preoccupazioni di natura economica e “politica”. In via di principio, non ci pare condivisibile che l’apparato del Ministero della Difesa venga sostanzialmente “militarizzato”. Già oggi troppe funzioni del personale civile sono surrogate impropriamente da militari (dal costo pro-capire più alto…), secondo una tendenza cara ad alcuni ministeri (quanti poliziotti svolgono – a maggior costo – il servizio degli impiegati amministrativi, anziché essere impegnati nelle funzioni di forza dell’ordine?). Riteniamo che le funzioni militari debbano, ovviamente, essere svolte dai militari e quelle amministrative dai “civili” impegnando la dirigenza a realizzare una efficace sinergia, nel rispetto che, a partire dalla Costituzione, sono proprie delle due funzioni. Non vorremmo che, lentamente, si passasse ad un apparato dello Stato in cui i soldati gestiscono il Ministero della Difesa, i Poliziotti quello degli Interni ed i Secondini quello di grazia e Giustizia (o magari i Custodi di Pompei quello dei Beni Culturali, se ci si passa la battuta). Siamo certi che queste rispettabilissime figure professionali siano portatrici della cultura amministrativa per gestire “economicamente” i dicasteri? Siamo certi che la Difesa – a parità di livello di capacità – costerà meno? Dal testo non emerge alcuna quantificazione previsionale di risparmi.
3) In termini di efficacia dell’azione pubblica, la UILPA deve ricordare come sia bizzarro che, mentre tutto il mondo delle Amministrazioni Pubbliche viene investito da una giusta richiesta di riconoscimento della meritocrazia e di responsabilizzazione della funzione dirigenziale, l’apparato della Difesa sia affidato ad una dirigenza che sfugge totalmente a tutte le norme di verifica della propria azione (e di conseguente collegamento agli effetti sulle retribuzioni e sulle carriere) che non possono non controllare l’azione pubblica. Sia chiaro, a scanso di ogni equivoco: la funzione militare in senso proprio non è l’oggetto di questo ragionamento, ma la gestione della “cosa amministrativa” (come la sua conduzione) non può correttamente essere affidata a lavoratori che, a partire dai dirigenti, non siano sottoposti alle stesse regole vigenti nel resto dei ministeri, senza predelineare “zone grigie” a regime differenziato.
4) Rispetto alle previsioni economiche che sembrano muovere il testo, è forte la preoccupazione della UILPA rispetto ad una iniziativa che ha ad oggetto una funzione particolarmente rilevante dello stato nazionale ed una delle amministrazioni più significative del Paese. Sia detto subito, la UILPA è prima assertrice della necessità che la macchina pubblica spenda il giusto per erogare almeno il livello di servizi attuale, se non di incrementarlo, eliminando gli sprechi che tutti vediamo. La questione ci pare, però, un’altra: ci aspettiamo che il ragionamento sulla spending sia affrontato in modo unitario per tutti gli apparati, e non si risolva in una “corsa” scoordinata. Solo un insieme di norme omogenee può garantire all’operazione quel successo di cui l’economia italiana ha bisogno. Mentre il Ministro Giarda ed il sub-tecnico Bondi preparano il loro intervento e mentre il Ministro della Funzione Pubblica conviene con i sindacati e le amministrazioni locali un cammino di analisi che raccolga tutti i contributi sugli interventi, assistiamo, con forte contrarietà, alle iniziative scoordinate di alcune amministrazioni, come quella della Difesa, che sembrano voler prevenire l’intervento del Governo per poterne rifiutare alcune connotazioni che potrebbero essere “scomode” con la logica del “noi abbiamo già risparmiato”, dimenticando che i risparmi non sono neutri. Nel contempo cogliendo l’occasione per togliere ai militari i lacci e lacciuoli di cui sarebbe colpevole la componente civile (e non il quadro di norme e procedure che questa, ope legis, è chiamata ad applicare). Per la UILPA, i risparmi vanno cercati altrove, per una volta evitando la consueta e facile via del far pagare tutto ai lavoratori pubblici e solo ad essi. Si cominci dalle consulenze alle auto blu, dagli alloggi di servizio alle spese generali.
Alla luce di quanto sopra, la UILPA auspica che la Commissione ritenga utile il contenuto della presente e si permette di chiedere che, nell’esprimere il proprio parere sul testo in esame, la Commissione stessa significhi quantomeno al Governo la necessità delle modifiche da noi rappresentate che condividesse.